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PRESS / MEDIA

"Spiral dance" - Rai Radio 3, BattitiCircles 44
00:00 / 09:01
"In the grip" - Rai Radio 3, BattitiCircles 44
00:00 / 09:01
"Affirmative dot" - Rai Radio 3, BattitiCircles 44
00:00 / 07:28
"Funk dress" - Rai Radio 3, Sei GradiCircles 44
00:00 / 07:07
"Affirmative dot pt. 1" - Rai Radio 3, BattitiCircles 44
00:00 / 05:42
Fabio Ciminiera presenta "In a maze" - Radio StartJoseph Circelli
00:00 / 22:46
"Blackout" - Rai Radio 3, Battiti.mp3Off Lines
00:00 / 06:41
"Rasoterra pt. 1" - Rai Radio 3, BattitiOff Lines
00:00 / 06:56
"Osmosi" - Punto Radio, Anima JazzOff Lines
00:00 / 07:20
"Cratere" - Punto Radio, Anima JazzJoseph Circelli
00:00 / 06:47
Circles 44 "In the grip" recommended on New York City Jazz Record
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Circles 44 "In the grip" reviewed by Alessandro Bertinetto on Kathodik (09/2024, ITA)
Arricchito dalla bravura e dal sound dei clarinetti basso e contrabbasso di Achille Succi, il trio composto da Joseph Circelli (chitarre, sintetizzatore), Massimiliano Amatruda (pianoforte) e Andrea Grillini (batteria) presenta 8 composizioni originali ambientate negli spazi sonori di un jazz d’avanguardia, molto votato all’improvvisazione libera, ma ragionata, incastrata in architetture dalle armonie ritmiche e armoniche geometricamente scolpite.
Si apre con l’accattivante e sinuosa Spiral Dance che, dopo aver sapientemente passato in rassegna gli elementi portanti del trio originale, lascia cantare il clarinetto incisivo e raffinato di Succi, per poi aprirsi a una fase apparentemente più indeterminata, in cui il tema spiraliforme – asserito da piano e clarinetto – prima dilegua per introdurre l’assolo di batteria e poi torna come habitat ideale per la nuova ardita improvvisazione di Succi. Un’introduzione di batteria comincia la seconda traccia, In the Grip, in cui il clarinetto prende presto il comando con un intenso monologo che sfuma lasciando esprimere il tema al piano, poi raddoppiato dalla voce del clarinetto, per aprirsi in seguito agli sviluppi improvvisativi.
Nuovamente sinuosa è la prima parte del tema di 1005, che si distende poi in un episodio di rilassamento prima di riprendere poi il filo della costruzione melodica su una struttura armonico-ritmica convinta e convincente. Più spezzato è l’incipit di Gate che presenta presto un tema quasi robotico sorretto dalla batteria elettronica da cui si origina un groove in cui chitarra e clarinetto si inseguono, incastrano e gioiosamente sfidano, invitando il calore del brano ad aumentare.
Anche senza entrare nella rapida analisi degli altri 4 brani – tutti molto riusciti (ne ricordo però almeno i titoli Circles, Linea (First Approach), Affirmative Dot, A. A. 1942 – abbiamo già gli elementi per un giudizio che non può che essere del tutto positivo. Dal sound alle invenzioni melodiche, dalla costruzione compositiva all’estro improvvisativo, dalle abilità artigianali al virtuosismo artistico, questo album ha tutti gli ingredienti che, tra loro molto ben miscelati, conducono alla confezione di un album eccellente.
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Voto: 9/10
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Circles 44 "In the grip" reviewed by Neri Pollastri on All About Jazz (08/2024, ITA)
Dopo Cratere, ecco il secondo album per il trio Circles 44, che qui si allarga però a quartetto con la presenza, tutt'altro che episodica nonostante sia il solo a non contribuire compositivamente, di Achille Succi ai clarinetti basso e contrabbasso.
La formazione sviluppa una musica che, seguendo programmaticamente il suo nome, è caratterizzata in più modi dalla circolarità: reiterarsi di piccole celle tematiche, chiusura delle variazioni con il ritorno alle atmosfere di partenza, ossessività delle forme ritmiche. Ciononostante, tuttavia, la musica rimane spesso ariosa, vuoi per la varietà strutturale delle composizioni, vuoi per gli spazi concessi in piena libertà ai protagonisti. L'iniziale "Spiral Dance," per esempio, apre continui spazi improvvisativi per tutti quanti senza eccezione, mentre "Gate" è un concatenarsi di assoli tenuti assieme da un ritmo ipnotico.
La caratteristica stilistica è presente anche nei brani in cui è meno prevalente, come "Linea (First Aprroach)," che procede a lungo come un rarefatto intreccio di suoni, ma nel momento del suo intensificarsi dinamico si avvale anch'esso di ritmi reiterati, o il conclusivo "A.A. 1942," dai toni più bassi e quasi lirici, che tuttavia è una continua reiterazione del medesimo tema, variato soprattutto dal punto di vista timbrico.
La circolarità, addensando i suoni, favorisce l'intensità dinamica, che è infatti quasi ovunque marcata, senza tuttavia nuocere alla nitidezza dei timbri, mai messi a rischio neppure dall'elettronica nelle mani di Joseph Circelli, anch'essa misurata e netta tanto da produrre un virtuoso contrasto con il pianoforte di Massimiliano Amatruda. Lo stesso Circelli è decisivo apportatore di ritmo, sottolineato in modo talvolta persino impressionante dalla batteria di Andrea Grillini —per esempio nell'introduzione del brano eponimo —, altrove invece dedito a un non meno importante lavoro coloristico. Succi, dal canto suo, è inevitabilmente ovunque la voce dominante, grazie all'autorevolezza timbrica dei suoi scuri clarinetti e alla sua fantasia improvvisativa, senza tuttavia diventare mai tipicamente solista, bensì integrandosi eccellentemente nell'intreccio sinergico dei suoni.
Intenso e paritetico, questo lavoro è un riuscito caleidoscopio di ritmi e suoni, che dà vita a figure sempre diverse, spigolose ma rese circolari dal loro essere strette In the Grip.
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Circles 44 "In the grip" reviewed by Filipe Freitas on Jazz Trail (04/2024, New York)​
For their sophomore album, Circles 44, originally a trio of confident Italian vanguardists consisting of pianist Massimiliano Amatruda, guitarist Joseph Circelli, and drummer Andrea Grillini, expanded into a sonically combative quartet with the addition of adventurous clarinetist Achille Succi. The group's improvisatory prowess and rhythmic dexterity are showcased throughout an inspired set of music characterized by structured improvisation, staggering complexity, and dynamic intensities. 
With no hesitation, the first two cuts - “Spiral Dance” and “In the Grip” - demonstrate the ensemble’s command of their craft with hyperbolic angles and stream-of-conscious layering. Upon flowing at a slow ternary pace - with chatty cross stick, dreamy piano, and low-key guitar - the Amatruda-penned “Spiral Dance” shifts toward an odd-metered tempo, sustaining captivating solos by Succi, always deep and rich in tone, and Grillini, who stirs up the energy before the thematic piano motif starts soaring above him. Circelli’s “In the Grip” kicks off with a compact drum solo before entering into prominent modalism - more Andrew Hill style than John Coltrane. The group intersperses quieter passages before setting foot in a dazzling 12-beat cycle groove that ends up in double tempo.
If “Gate” works like an electro-dance act, probing fragmentation via the syncopated strap beat and promoting exploratory dialogue, then “Circles” goes from an intriguing stillness to an investigative folk dance. In turn, Grillini’s “Linea (first approach)” strikes a balance between quiet minimalism and impulsive temperament. The album concludes with “A.A. 1942”, a noir excursion imbued with pensive tones and raw edges.
Creative jazz aficionados will find this album compelling. These four artists epitomize the quality of the intrepid Italian avant-jazz scene, making In the Grip a worthy addition to any jazz collection.  ​
Favorite Tracks:
01 - Spiral Dance â–º 02 - In the Grip â–º 04 - Gate                
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Circles 44 "In the grip" reviewed by Ken Waxman on Jazz Word (01/2025, USA)​

Well versed in Jazz and other sounds, the members of Circles 44 have been refining their music since 2017. While the blend of expected acoustic tones such as wallowing bass clarinet tones, unaccented piano chording and alternating intense and gentle percussion expressions confirms the band’s originality, it’s the startling and unexpected timbres introduced at various times by either guitars, FX, synthesizer or more than one of these in the same tune that’s most prominent on certain tracks.

For instance “Circles” is defined by mechanized buzzing extended with oscillated whooshes until reed accents and keyboard syncopation turn the piece into near-mainstream swing. Alternating between tough, pseudo fusion and more lyrical frails, Circelli’s guitar patterns define “Affirmative Dot”, as drum pops, arching clarinet vibrations and processional piano lines add to the piece’s shape. Expansive twangs from the guitar’s lowest pitched strings even creates steadying double-bass-like strokes on “1005” so that the initial drum patterning, double-tongued reed cries and keyboard plinks are concentrated into a sprightly exposition, with repeated sequences equally involving each player.

Succi, who has worked with the likes of Uri Caine and Amatruda, who is also involved with experimental didactics may usually work in more experimental session. But their combination here, which at times suggest sounds as polarized as urban Metal and village Banda ensure  that no matter how many glissandi, drones or plinks are heard, together the group provides cohesive linear evolution.

Creative connection is paramount on In the Grip.

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Circles 44 "In the grip" reviewed by Nicola Barin on Percorsi Musicali (03/2024, ITA)

Il progetto Circles 44 giunge al suo secondo album intitolato In The Grip, sempre per l’etichetta Aut Records. In origine un trio composto da Joseph Circelli alle chitarre, effetti e sintetizzatore, Massimiliano Amatruda al pianoforte e Andrea Grillini alla batteria, che aveva debuttato nel 2020 con Cratere, ora vede aggiungersi un musicista come Achille Succi al clarinetto sia basso che contrabbasso.
La ricerca timbrica e sonora caratterizza il progetto, come se le direzioni da intraprendere non fossero ancora decise: le linee di demarcazione tra i brani diventano labili e tracciano quasi un discorso unico che non si può interrompere. L’intelligenza del progetto scopre la volontà di tutti componenti di contribuire con le singole esperienze musicali personali senza tentare una sinergia a tutti i costi. Non si evidenzia una volontà di giungere al momento speculativo, per usare un termine caro alla logica Hegeliana.

Il progetto si situa nell’idioma jazzistico a tutto tondo, mettendo in campo soluzioni armoniche-melodiche tipiche. In the Grip, traccia che dà il titolo al progetto, si chiude in una sospese e suggestiva ritmica funky. Il timbro del clarinetto di Succi (ascoltate Gate per esempio), introduce una sorta di forma straniante a tutti i brani, con una bellezza plastica che ci fa scoprire uno strumento che ha avuto una vita inedita in ambito jazzistico. L’elettronica non prende mai il sopravvento ma viene pensata come atto disturbante: nel brano The Circles risulta intrigante, capace di inserirsi nelle maglie del brano.

L’impressione di fondo è che in questo jazz contemporaneo, oculato, si voglia tentare di rendere sempre nuova e fresca l’improvvisazione per permettere ai singoli componenti di non adagiarsi su formule ripetitive. Forse è questa la scelta di inserire il clarinetto, strumento cosi inatteso, capace di allagare le tessiture sonore. Ricordiamo infatti, con lo stesso intento, la rinascita del clarinetto in ambito jazz negli anni 60, e in particolare l’uso del clarinetto basso in artisti come Eric Dolphy e molti musicisti in ambito free: Anthony Braxton, David Murray, John Carter, solo per citarne alcuni. Del medesimo intento anche l’esordio cosi variabile dell’elettronica, quasi a voler portare scompiglio al classico quartetto jazz ben consolidato nelle sue timbriche. In definitiva una compagine alquanto rodata che tenta di offrirci un jazz che si nutra delle suggestioni della contemporaneità promuovendo un improvvisazione non scontata e rischiosa.​


Circles 44 "In the grip" reviewed by baze.djunkiii on Nitestylez.de (02/2024 Germany)

Released on the Berlin x Italia axis label Aut Records on January 31st, 2k24 and following up to the groups album named "Cratere" is "In The Grip", the sophomore longplay effort cooked up and conceived by Circles 44. Released roughly four years after their firstling we see Massimiliano Amatruda, Joseph Circelli and Andrea Grillini being joined by Achille Succhi on various clarinet iterations on this roughly 49 minutes spanning collection of eight new pieces, opening with the tender, yet ever spiralling and explorative "Spiral Dance" which sets the tone for the Jazz explorations to come with its rhythmic, evolving and undeniable funkiness before "1005" dives deep into lively late night Jazz drama for uptempo connaisseurs.
The albums title track is of a slow, yet muscular nature weighing in crime scene vibes and heavy resonating piano chords alongside sparse, yet expertly placed drums and extended clarinet solos, "Gate" offers playful and tentative layerings of corresponding rhythm signatures whereas "Circles" sees the ensemble explore late night Jazz backed by carefully arranged piano movements and an intricate, ever corresponding melodic interplay between the protagonists which culminates in a dramatic finale.
Furthermore "Line (First Approach)" caters a deep and rather minimalist approach to the free form evolution of the groups sound before building up to climactic heights, "The Affirmative Dot" opens with sequence a of plucked, electronically processed strings as a backbone for large scale romanticisms and intertwined uplifting melodic layerings before the cryptically named closing cut "A.A. 1942" provides the most solemn and nocturnal feel and probably could be filed under the flag of Jazz Noir for a reason. Quite a deep one, that last track is.
Circles 44 "In the grip" reviewed by Mario Biserni on Sands-zine (02/2025 ITA)
Se volessimo usare un termine calcistico potremmo parlare di gioco all’olandese, nessun ruolo predefinito per questi quattro bardi che ricoprono indifferentemente un ruolo ritmico o un ruolo solista.
Il gruppo ha iniziato come un trio, vedi il precedente disco sempre su Aut, e si è ampliato a quartetto per questo interessante “In The Grip”. In extremis, vien da pensare, dal momento che il nuovo aggiunto Achille Succi non firma alcun brano (non è chiaro se considerarlo un componente effettivo del progetto o un semplice ospite speciale).
Strumentalmente viene ricoperto l’intero arco costituzionale data la presenza di una tastiera, il pianoforte di Amatruda, di uno strumento a percussione, la batteria di Grillini, di uno strumento a fiato, il clarinetto di Succi, e di uno strumento a corde, la chitarra di Circelli, con quest’ultimo che allarga le competenze in ambito elettronico occupandosi anche di synth e di effettistica. Particolarmente interessante l’utilizzo dei clarinetti basso e contrabbasso da parte di Succi, che ricopre il ruolo di strumento a fiato solista ma, all’occorrenza, anche quello ritmico di contrabbasso (o sarebbe meglio dire di basso tuba).
La scrittura è parimenti divisa, 3 – 3 – 2, fra i componenti del gruppo, ad esclusione di Succi (come s’è già scritto sopra), ma gli arrangiamenti finali sono tutti opera collettiva. Un bel giochetto potrebbe consistere nell’indovinare, con l’ausilio del semplice ascolto, chi è l’autore dei vari brani. Provateci.
“In The Grip” è un disco realizzato con intelligenza e, mi ripeto, estremamente interessante.
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Circles 44 "In the grip" reviewed by Jan Granlie on Salt Peanuts (2024, Norvegia)
In the grip è il secondo album dei Circles 44 pubblicato da Aut Records dopo il loro album di debutto Cratere del 2020. Con l'aggiunta di Achille Succi al clarinetto basso e al clarinetto contrabbasso, otteniamo composizioni esclusivamente originali, in cui i quattro musicisti si muovono con stoica calma attraverso le otto composizioni create dal pianista Massimiliano Amatruda, dal chitarrista Joseph Circelli o dal batterista Andrea Grillini.
Ma è evidente che le tre persone dietro queste composizioni hanno pensato all'aspetto collettivo della composizione, perché qui tutto è fatto insieme e con la massima finezza. Si tratta di una sorta di jazz da camera moderno, in cui il clarinetto basso o il clarinetto contrabbasso di Succi assumono automaticamente un ruolo centrale. Tutte le esibizioni sono collettive e i quattro musicisti si conoscono molto bene, perché qui il modo di suonare è raffinato e l'intero album mi spinge, almeno, ad abbassare le spalle e a stare seduto completamente immobile, godendomi le belle improvvisazioni.
E l'interazione, soprattutto tra clarinetto basso e chitarra, funziona molto bene. Quando li ascolto, mi tornano in mente i trii del clarinettista Jimmy Giuffre, ma in un contesto più moderno. Non ho molte conoscenze pregresse sui singoli musicisti, ma non è necessario. Perché qui abbiamo quattro eccellenti musicisti provenienti dall'Europa meridionale, che lavorano alla perfezione in un collettivo di jazz moderno, inserito in un sistema raffinato. E l'ultima traccia, "A. A. 1942", è un gioiello!​
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Circles 44 "In the grip" reviewed on Musicista anonimo (2024, ITA)
Circles 44 è un progetto nato a Bologna nel 2017, frutto della collaborazione tra Massimiliano Amatruda al pianoforte, Joseph Circelli alla chitarra e Andrea Grillini alla batteria, ai quali, nel 2022, si unisce Achille Succi al clarinetto basso e al clarinetto contrabbasso.
​Artisti molto attivi, coinvolti in numerose collaborazioni e pubblicazioni discografiche, che spaziano dal jazz alla musica contemporanea, sempre intenti a promuovere un repertorio composto solo da brani originali, dove il linguaggio jazzistico fa da legante con tutte le alte forme che vi convivono. Questo lavoro, affiancato dall'attività concertistica, ha portato alla registrazione del primo album “Cratere”, pubblicato nell'ottobre 2020 dall'etichetta Aut Records. L'album ha ottenendo ottime recensioni dalla critica specializzata così come l'attenzione e la messa in onda ni molti programmi radiofonici, tra cui le trasmissioni di Rai Radio 3 “Sei gradi” e “Battiti”.
Lo scorso 31 gennaio è stato pubblicato sempre per la Aut Records l'album “IN THE GRIP”, che vede la gradita collaborazione di Achille Succi. Così il trio si trasforma in quartetto, senza perdere la loro leggerezza e flessibilità. Anzi, tra tratti architettonici e altri più estemporanei, la sempre ed originale prosa dei loro brani acquista ulteriore freschezza e fluidità.
L'impasto sonoro è sempre ben bilanciato e li voci si muovono in un racconto multiplo e coeso, ricco di colori ed equilibrate dinamiche. Il piano di Amatruda più che seguire la orme dei pianisti jazz sembra venire da un solido serialismo di metà 900. La chitarra di Circelli sembra tessere una robusta ragnatela che sa catturare tutte la note che aleggiano nei pensieri dei suoi compagni. Succi, sempre originale, lascia trapelare un gustoso profumo delle storiche avanguardie jazz in stile AACM. Grillini, come ha già dimostrato in altre formazioni, sa gestire una intensa stratificazione ritmica, composta da piccole cellule che vengono lasciate fluttuare liberamente, poi abbandonate per delle nuove ed essere riprese successivamente, per essere sovrapposte e mescolate, senza attriti e battimenti.

Ho trovato il brano “Circle” molto rappresentativo per questo album, dove coesiste un ottimo equilibrio tra il più creativo serialismo europeo e i movimenti jazz delle ultime generazioni. Un ascolto fluido e stimolante dove non mancano momenti introspettivi ed articolati che meritano un ascolto più attento.

Nel cerchio di un pensiero a volte mi riposo sognando. (Alda Merini)

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Circles 44 "In the grip" reviewed by Alberto Bazzurro on "L'isola che non c'era" (04/2024 ITA)

Un’originalità garantita, che possiamo di buon grado riconoscere anche a In the Grip (Aut) del quartetto Circles 44, in cui entra un pianoforte, mentre alle ance (clarinetti basso e contrabbasso) c’è Achille Succi.
Tutto si fa inequivocabilmente più vitale, esplicito, con risultati di sicura consistenza.
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Circles 44 "Cratere" reviewed by Giuseppe Maggioli, Windout (05/2021)
Zone spaziose e suoni aperti per il nuovo disco dei Circles 44, eclettica band di jazz moderno e slowcore formata da Massimiliano Amatruda (Piano), Joseph Circelli (Electric guitar, effects) e Andrea Grillini (Drums, percussion) per un album dadaista che affronta in otto brani le nuove certezze del jazz italiano tra ambienti 'noise' (Funk Dress) sfumature noir (Affirmative Dot, Pt. 1) e crimsoniane evoluzioni in Skim over, caratterizzati da lunghe passaggi dove si può ammirare la bravura del chitarrista Joseph Circelli.
Il trio nasce a Bologna alla fine del 2017 e propone un repertorio di brani originali i cui arrangiamenti sono sempre frutto di un lavoro collettivo ed empirico con interazione visuale, senza tralasciare episodi dal carattere fortemente estemporaneo. L'avanguardia fa da collante alle idee colorate del gruppo con un sound strutturale, sofisticato e innovativo.
L'approccio atmosferico e ricco di effetti confonde i confini tra rock, jazz e musica 'colta' creando una via indipendente con tanta luce e una maturità incredibile da parte dei musicisti. Pubblicato da Aut Records il primo lavoro discografico del gruppo intitolato Cratere è una sorpresa inaspettata, la scultura sonora formale e la strategia sono tutte intrecciate in una mente collettiva meravigliosamente espansiva di improvvisazione.
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Circles 44 "Cratere" reviewed by Baze Djunkiii, Nitestylez.de (04/2021)
Coming in from Italy only recently is "Cratere", cat.no. 069 of the countries ever active Aut Records imprint and the first longplay release for the Circles 44 trio which is comprised of Massimiliano Amatruda, Joseph Circelli and Andrea Grillini on drums. Put on the circuit in October of 2k20 the nine pieces on this one, stretched over a total of roughly 45 minutes, see the trio on a deep, classy and somewhat noir'esque Jazz tip from the late night piano etudes of the opening title tracks onwards to the driving, space age - and Psychedelia-infused electric guitars of the subsequent "Funk Dress" whereas "Brilliant Cliff" provides an excellent example of rhythmically corresponding piano lines and super complex drum works provided by Grillini whilst "Affirmative Dot Pt.1" weighs in a vibe very vaguely reminiscent of songs by the Red Hot Chili Peppers in their absolute Pop prime - ... and transferred into the Jazz realm, obviously - whereas the concluding piece "Old Chair" presents a stripped down, minimalist angle of approaching Contemporary Jazz just to name a few. Good stuff.
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Circles 44 "Cratere" reviewed by Alessandro Bertinetto, Kathodik (04/2021)
Il trio bolognese formato da Massimiliano Amatruda (pianoforte), Joseph Circelli (chitarra ed effetti) e Andrea Grillini (batteria e percussioni) esordisce per la Aut Records con un interessante album contenente 8 brani. Sei di essi sono composti da Circelli, due (Funk Dress e Old Chair, brano tra i più riusciti dell’album, soprattutto per la sua delicata, nostalgica espressività) da Amatruda e propongono un moderno jazz (a tratti un vivace jazz-funk), con apprezzabili interludi improvvisativi e qualche situazione più rilassata e fluttuante.
Il proscenio è per lo più lasciato alla chitarra elettrica, ma la batteria offre un sapiente collante (senza risparmiarsi qualche episodio solistico). Il piano, anche in questo caso oltre a momenti solistici di livello molto buono, ricama nelle retrovie, tra l’altro garantendo in certe fasi, con un importante lavoro nel registro grave, l’equilibrio sonoro della formazione bassless – equilibro garantito altrove dai bassi atmosferici della chitarra distorta. Nel complesso si tratta di una buona prova, di cui attendiamo gli sviluppi, anche dal vivo.
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Circles 44 "Cratere" reviewed by Alberto Bazzurro, All about Jazz (03/2021)
Il trio denominato Circles 44 nasce a Bologna alla fine del 2017 con una conformazione non troppo diffusa, per quanto neppure così desueta: piano, chitarra e batteria. L'indirizzo estetico-programmatico del gruppo è eminentemente collettivo, anche se poi degli otto brani presenti in questo album, inciso nel febbraio 2019, sei sono a firma del chitarrista Joseph Circelli e i restanti due del pianista Massimiliano Amatruda. E' evidente che si tratta peraltro di spunti, nuclei d'avvio, perché il tono, il profilo esatto della musica prodotta si cementa nel lavoro - appunto - corale, facendo di fatto pensare (convinti di non esser troppo lontani dal vero) a una seduta di improvvisazione di gruppo in più stazioni.
Si avverte, nel totale, una solidità, un nerbo, di base da cui la musica deroga tutto sommato abbastanza di rado, nel segno di un dialogo per lo più fitto, concreto, sostanziale, di cui la chitarra di Circelli sembra dettare, anche per potenza di fuoco (senza eccessi, per carità), di preferenza le coordinate, in ciò coadiuvato in primis dal drumming di Andrea Grillini, col piano in posizione intermedia, per lo più di ordine e - a tratti - ripiegamento.
"Brilliant Cliff", "Affirmative Dot pt. 2" e "Old Chair" appaiono in tal senso gli episodi più significativi, pur entro una proposta molto omogenea.
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Circles 44 "Cratere" reviewed by Marco Scolesi, Mellophonium (12/2020)
Se cercate un nuovo gruppo capace di unire varie anime musicali ma fuse nel linguaggio universale del jazz i Circles 44 fanno al caso vostro. Circles 44 è un trio composto da Massimiliano Amatruda (pianoforte), Joseph Circelli (chitarra ed effetti), che avevamo già apprezzato con "In a maze", e Andrea Grillini (batteria). La loro base è Bologna, nel cuore dell'Emilia Romagna, dove sono nati nel 2017, anche se solo ora giungono alla prima pubblicazione su Aut Records.
Il trio propone all'ascoltatore brani originali, 6 scritti da Circelli e 2 da Amatruda. Gli arrangiamenti, però, sono sempre il frutto di un lavoro collettivo, che si è amalgamato durante molti live, chiaramente prima del lockdown (il disco è stato registrato con Andrea Caprara al Farmstead Studio a inizio febbraio 2019, quindi poco prima della pandemia). In "Cratere", uscito a ottobre 2020, sono molteplici dunque gli approcci compositivi e improvvisativi, sonorità e mood tra i più svariati e antitetici, di cui il linguaggio jazzistico, come detto, risulta esserne il collante in tutte le sue forme. Le tracce "Funk dress" e "Skim over" ne sono un ottimo esempio.
Armonie e strutture mai ovvie e ricercate fanno di questo esordio non solo una riuscita prova ma ci indicano un nome da tenere in considerazione per il futuro.​
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Circles 44 "Cratere" reviewed by Ferdinand Dupuis Panther, Jazz halo

Die Band besteht aus dem Pianisten Massimiliano Amatruda, dem E-Gitarristen Joseph Circelli und dem Drummer Andrea Grillini. Aus der Feder des Gitarristen stammen unter anderem „Skim over“, „Brilliant cliff“ und das Schlussstück „Old chair“.

Dem Gitarristen ist zudem „Cratere“ – damit wird das Album aufgemacht – zu verdanken. Der Pianist zeichnet für „Funk dress“ und „Circles“ verantwortlich.

Das Trio fand sich 2017 in Bologna zusammen und hat es sich zum Ziel gemacht, nur eigene Stücke vorzutragen, die in einer Gemeinschaftsarbeit ihre Arrangements erfahren. Die Jazzsprache der Band zeichnet sich durch besonderen Facettenreichtum aus. Eine treibende Kraft ist dabei der Gitarrist, Komponist und Lehrer Joseph Circelli, der schon in Frankreich, Belgien, Österreich, Serbien, Slowenien und den Niederlanden aufgetreten ist, zumeist in den italienischen Kulturinstituten so in Paris und Brüssel. Jazzclubs und Festivals waren weitere Auftrittsorte, so im Berliner A-Trane oder im Barga Jazz Club. Er ist Mitbegründer des Trio Circle 44. Mit der Band Omit Five gewann er den 1. Preis beim “Barga Jazz Contest 2011”, zudem gewann er den 2. Preis beim “Chicco Bettinardi Jazz Contest 2012” und beim “Porsche Live, Giovani e Jazz 2012”. 2019 erschien sein Gitarrensoloalbum "In a maze“.

Der Drummer Andrea Grillini studierte zwischen 1998 und 2004 am Musical Center Ozzano dell’Emilia bei  G. Capitanio and Christian Rovatti. 2007 begannen seine intensiven Konzertauftritte u. a. mit David Murray, Ken Vandermark, Marc Ducret, Bruno Chevillon, Achille Succi, Chico Pinheiro, Don Byron, Steven Bernstein und Jonathan Finlayson. Zahlreich sind seine bisherigen Festivalauftritte wie z. B. Bologna Jazz, Piacenza Jazz, Jazz On The Corner, Venezia Jazz, Jazz a Mira, Soweto Art Festival, Chicago Improvisers Music series und Festival delle Arti (Bologna).

Schließlich ist da noch der Pianist Massimiliano Amatruda, der sowohl in Rom als auch Bologna studiert hat. Amatruda ist im Übrigen ein Multiinstrumentalist, der neben dem Piano auch Akkordeon und weitere Instrumente beherrscht.

Getragen, ein wenig schwer, gemütsschwer so erscheinen die ersten Takte in "Cratere“. Dabei ist das Spiel vom solistisch agierenden Pianisten geprägt, der bisweilen auch in Etüden abzugleiten scheint.

Besonders prägend für das Stück ist die starke Bassausformung. Ein eher rockig aufgelegter Gitarrist und hartes Drumming zeichnen den Beginn von "Funk Dress“ aus. Sie formen gleichsam den Prolog, ehe dann Massimiliano Amatruda mit verhaltenem Tastenspiel zu vernehmen ist. Sphärisches breitet sich zudem im Hintergrund aus, ehe der Pianist und der Gitarrist in einen Dialog eintreten. Dabei scheint es so, dass Joseph Circelli in Ebenen des Hard Rock agiert und weniger wie der Titel des Stücks nahelegt im Funk. Hier und da meint man Jeff Beck und Alvin Lee seien im Geiste dabei. „Skim Over“ wird unter anderem von Klicklauten und tropfenden Klängen bestimmt, die dem Pianisten gelingen. Neben dem stringenten Bassspiel des Pianisten schwirren sphärische Klangschwaden durch den musikalischen Raum, ist ein oszillierender Gitarrenklang auszumachen. Dabei hat man als Zuhörer den Eindruck, der Gitarrist würde in einem felsigen Klangraum agieren, sprich in einer riesigen Tropfsteinhöhle, oder? Neben Trommelrausch hört man auch „gemorste Tastenklänge“, die vergänglich und zerbrechlich klingen. Immer wieder kommt es zu den Klangspreizungen zwischen Bassstimmen und Diskant. Dafür ist Massimiliano Amatruda verantwortlich. Hinzutritt hier und da eine röhrende Gitarre als Gegengewicht gegen die perlend aufgereihten Tastenklänge.

Mit einer klassisch anmutenden Klavierpassage beginnt "Brilliant Cliff“.

Diese Passage wird anschließend von Joseph Circelli aufgegriffen, ehe dem Drummer Andrea Grillini Raum zur solistischen Entfaltung eingeräumt wird. Kristallines Spiel auf dem Klavier begleitet dieses Drumming-Solo. Doch wie in anderen Stücken zuvor, spielt auch die Basshand des Pianisten eine entscheidende Rolle bei der Ausdifferenzierung des Klangs.

Zur Charakterisierung des Stücks gehört auch das röhrend-schnarrende Gitarrenspiel, das zugleich an einen sich nähernden Donner und ein sich ankündigendes Unwetter denken lässt. Feinstes „Glasorgelspiel“ stellt man sich bei "Circles“ vor, wenn auch der Pianist am Klavier und nicht an der Wasserglasorgel sitzt. An zerspringende Eiszapfen muss man bisweilen beim Zuhören denken. Doch im Fortgang verschwimmt dieser Eindruck, präsentiert der Pianist dahinschmelzende Passagen, zu denen sich der Gitarrist zu einer „zweiten Stimme“ hinreißen lässt. Sirenengesang vermeint man, im weiteren auszumachen. Man muss dabei an eine „singende Säge“ denken, obgleich diese Klänge von Joseph Circelli auf der E-Gitarre beigesteuert werden. Wiederkehrend ist das Thema, das dem Pianisten geschuldet ist. So entsteht die Vorstellung eines musikalischen Kreisschlusses. Zum Finale hören wir "Old chair“.

Ist da nicht dezentes Besengewische mit im Spiel, wenn wir dem Prolog des Stücks lauschen? Ein verhaltenes Wah-wah dringt aus dem Off ans Ohr des Zuhörers. Lyrisch gestimmt erscheint der Pianist in seinen Tastensetzungen. Das Bild einer hereinbrechenden Nacht und dem Ausklingen des hektischen Tages drängt sich nach und nach auf.

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"In a maze" reviewed by Giuseppe Maggioli, Windout (04/2020):
Nuovi personaggi nel mondo della musica sperimentale si fanno avanti. Riduzione di ritmi e suggestive tessiture armoniche sono presenti nel nuovo lavoro del chitarrista jazz Joseph Circelli (electric, classical and acoustic guitar, fx) che ci appare subito come un disco di 'arte contemporanea'.
E' dedito all'improvvisazione costruttiva con ben undici tracce nel solco di una musica astratta (Skim Over e Concrete Stride) con sinergie davvero interessanti (Inattentive) di conseguenza non chiude le porte all'elettronica (Gleam and glass) e alle onde cerebrali. Il tutto è supportato da una varietà timbrica data dall’utilizzo di chitarra acustica, classica ed elettrica, nonché dall’uso di effetti.
Un pioniere del nuovo glam/indie jazz, influenzato dalla 'magica' triade David Torn/Pat Metheny/Thorston Moore.
Acclamato sia dalla critica che dal pubblico interessato al jazz d'avanguardia e al post rock, il cd crea un perfetto equilibrio tra le intricate composizioni e lo spazio improvvisativo. Fuori da rotte instagrammabili. Gustoso.
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Live concert review, "In a maze" guitar solo at Solitunes Fest #02 in Torino by Luca Lops - Musi Dams Torino (01/2020):
Una chitarra e una pedaliera attendono sul palco. Arriva il musicista, accompagnato dall’applauso del pubblico. Prende la chitarra, la imbraccia e smanetta un po’ con la pedaliera; poi pizzica una corda e parte la prima nota, seguita dall’eco a intervalli a tempo. Schiaccia un pedale e il suono si ripete scandito nel tempo, creando una sorta di base sonora. Delay, loop station ed effetti. Così Joseph Circelli, chitarrista, compositore e didatta bolognese, comincia il suo concerto. Il B-locale è piccolino ma accogliente ed il pubblico, incuriosito e interessato, si stringe volentieri per ascoltare.
Circelli chiude gli occhi e suona, cominciando un viaggio, la cui meta è ignara all’ascoltatore. Sulla base sonora crea progressioni armoniche su accordi distorti, di derivazione jazzistica e non, in un melting pot dall’esito spiazzante. I suoi occhi chiusi sono un invito implicito all’ascoltatore a fare altrettanto, come se fosse l’ingrediente speciale per far sì che il viaggio venga condiviso e compreso. L’effettistica e gli accordi complessi richiamano uno sfondo sci-fi, con progressioni che non risolvono in un centro tonale, girandoci intorno e al tempo stesso allontanandosi da esso, creando continua tensione.
Le sue composizioni, brani originali al limite dell’improvvisazione estemporanea, sono suoni ricercati, usando tutti gli strumenti della sua formazione eclettica. L’ultimo brano, come ha anche anticipato Circelli, era una sorta di ninna nanna, che ha cullato il pubblico accompagnandolo alla fine del viaggio. In questa serata, il suono e le immagini si sono incontrati, rincorsi ed intrecciati suggestionando e stimolando una sinestetica creazione di videoclip nell’immaginazione e nella fantasia del pubblico.
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Fabio Ciminiera presents "In a maze" on Radio Start (01/2020)
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"In a maze" reviewed by Eugenio Mirti - 58 seconds (11/2019):

"In a maze": in un labirinto, ed effettivamente è proprio un labirinto di suoni quello che Circelli propone nel suo disco. Chitarra acustica, chitarra elettrica, suoni distorti, con delay, elaborati in mille modi diversi quindi un album particolarmente originale e personale che vi consiglio di ascoltare per scoprire cosa si può fare con una chitarra.

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Omit Five – "Speak Random" reviewed by Fabio Ciminiera – Jazz Convention (09/2015):

Speak Random prosegue il percorso aperto da Omit Five con il precedente disco omonimo. Le tredici tracce originali, proposte in modo tutto sommato democratico dai cinque musicisti, offrono alla formazione la possibilità di cercare una propria strada nel panorama musicale attuale.

Avanguardie, modern mainstream, tradizioni consolidate tra gli anni cinquanta e sessanta, radici dei linguaggio: il jazz nelle sue varie forme ed esternazioni rientra nelle note, nelle composizioni e nel modus operandi di un quintetto prevalentemente acustico, a parte la chitarra, energico e eclettico, attento con continuità ad utilizzare tutti gli elementi come base per il proprio percorso.Il quintetto denota con i suoi movimenti la confidenza innescata tra i suoi componenti.

Movimenti aiutati dalla gestione armonica agile e "collettiva", affidata alla chitarra ma corroborata dagli interventi degli altri, dalla capacità di tenere la melodia come baricentro, dall'utilizzo mirato della libertà espressiva, sia nei dialoghi a due che punteggiano il disco, sia nell'approccio ai temi e alle improvvisazioni. Speak Random può essere tradotto, liberamente, nella possibilità di usare elementi provenienti da contesti differenti senza doversi porre limiti o costrizioni per accostarli, rispecchiando così le dinamiche dell'attualità.

L'energia e la padronanza tecnica rappresentano perciò due delle chiavi per procedere nel discorso. L'ascolto reciproco e l'interplay rendono il passo del quintetto sicuro e attento, moderato verrebbe da dire in certi frangenti.

La sintesi tra i momenti della storia del jazz si manifesta nel trittico centrale composto da Three views of a Dream, Tony Wolf e Anni luce. La combinazione di suggestioni diverse affianca il sognante finale vicino al quasi omonimo tema di Jaco Pastorius, alle stridenti urla del breve intermezzo e si apre nei ritmi funkeggianti della terza traccia: il tutto condito da accenti e riferimenti di varia natura. La formula del quintetto rende indipendenti i cinque e, quindi, lascia loro la possibilità di portare il proprio contributo con freschezza. L'intesa solida porta a denominatore comune i singoli interventi e le schegge più estreme o solitarie per continuare con coerenza il discorso avviato da Omit Five con il precedente lavoro.

 

Omit Five - "Speak Random" reviewed by Luciano Vanni - Jazz it (2014)

Il nuovo lavoro degli Omit Five - Mattia Dalla Pozza (sax contralto), Filippo Vignato (trombone), Joseph Circelli (chitarra), Rosa Brunello (contrabbasso) e Simone Sferruzza (batteria) - si distingue per il sound di gruppo (si sente che la band è molto attiva dal vivo, in Italia e soprattutto all'estero), per il raffinato incastro timbrico della front line (sax contralto e trombone), per la scrittura (tutto il repertorio è originale, fuori dai canoni tema-improvvisazione-tema) e per gli orizzonti espressivi che sfiorano il jazz di ieri e di oggi, dal rock alla classica.

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Omit Five – "Speak Random" reviewed by George W. Harris - Jazz Weekly (07/2014):

Consisting of Mattia Dalla Pozza/as, Filippo Vignato/tb, Joseph Circelli/g, Rosa Brunello/b and Simone Sferruzza/dr, the Omit Five has a heart in the post bop tradition, with gleanings from the freer side of the street. Boppish pieces such as “Pomeriggi Ameni” display clean lines from the horns as well as linear guitar musings, while the two horns unify for some harmonious moments on a chanting “I Wanna Feel Nasty” and gently striding “Family.”

Brunello gets spotlighted in some solos and duets on “Berlin June Walk” and “Uyusukluk” while the whole team gets down and funky on “Anni Luce.” Vignato’s trombone gracefully glides throughout, especially on the flowing “Pina Baush” making the whole a greater piece than the separate parts. Fresh and fragrant.

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Omit Five – "Speak Random" reviewed by Rotcod zzaj (2014):

What a great title for this improv/contemporary set… jazzers who want the high energy of improvised, yet want some recognizable “form” will totally dig this, especially tunes like “Anni Luce“. For listeners who want the “cool” to also be a part of the experience, I’ve no doubt that pieces like “I Wanna Feel Nasty” will fill the bill (some excellent bass & guitar on this one, too).

My personal favorite of the thirteen performances was “Family“, which swirls with the same emotions you experience with that unit. This great Italian quintet gets a HIGHLY RECOMMENDED from these ol’ ears, with an “EQ” (energy quotient) rating of 4.97. Get more information at the SLAM label page for this CD.

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Omit Five – "Speak Random" reviewed by Vittorio Lo Conte – Music Zoom (04/2014):

ITA

All’interno del conservatorio di Rovigo si è formato questo quintetto di musicisti, Omit Five, proveniente da varie regioni italiane e che ha trovato subito una propria via. Fanno un post bop ricco di elementi moderni o estranei al jazz inteso in senso stretto, che ha trovato prima un punto di sedimentazione nel primo disco inciso per la Caligola Records e ora un ulteriore sviluppo e passo in avanti con questa nuova produzione per l'inglese Slam Productions. Gran disco, diciamolo subito, ricco di suggestivi spunti ritmici, in pieno accordo con quello che succede nel mondo del jazz contemporaneo, e di ottime composizioni che sottolineano l’aspetto originale della band, ormai con una propria fisionomia.

I numerosi concerti, in Italia ed all’estero, sono stati la fucina che ha contribuito a forgiare la loro musica, un caleidoscopio di colori e timbri cui partecipano tutti i musicisti Mattia Dalla Pozza al sax alto, Filippo Vignato al trombone, Joseph Circelli alla chitarra elettrica, Rosa Brunello al contrabbasso e Simone Sferruzza alla batteria. L’uso di trombone, usato con sordine e memore del grande Roswell Rudd, insieme al sax alto ed alla chitarra rende il tutto originale, frizzante, ha quel qualcosa di speciale che fa di questo gruppo una realtà nazionale di assoluto livello, al passo con quello che succede altrove, nonostante ognuno dei cinque contribuisca con composizioni proprie al tutto. Eppur funziona, verrebbe da dire, con una bel mix di moderno e suoni che vanno verso la strada maestra.

Gli assoli si susseguono con regolarità e convinzione, tutti bravi, parte di un organismo che respira all'unisono. C'è anche un breve brano solitario per il contrabbasso di Rosa Brunello, Uyusukluk, la ballad sognante di Three Views of a Dream ma anche gli scoppiettanti Anni Luce o Fussmatten, forse uno dei momenti migliori dell'album. I cinque si ispirano alle musiche di autori moderni, Dave Holland o Dave Douglas ad esempio, Greg Osby o Tim Berne, ma hanno saputo fare progressi ed acquisito personalità così da poterli mettere fra i gruppi italiani più interessanti.

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ENG
Inside the Conservatory of Rovigo was formed this quintet of musicians, Omit Five, from various Italian regions and quickly found their own path . They do a full post-bop modern elements or extraneous to the jazz in the strict sense , it has found a point of sedimentation in the first album recorded for Caligola Records and now a further development and step forward with this new production for English Slam Productions. Great disc, let us say at once, full of striking rhythmic cues, in full agreement with what is happening in world of contemporary jazz, and great compositions that emphasize the original appearance of the band, now with its own character.

The numerous concerts in Italy and abroad , have been the breeding ground that has forgere contributed to their music, a kaleidoscope of colors and stamps which all the musicians Matt Dalla Pozza on alto sax ,Philip Vignato on trombone , guitar Joseph Circelli electtrica ,Rosa Brunello Sferruzza on bass and Simon on drums. The use of trombone, used with mutes and mindful of the great Roswell Rudd, along with the alto saxophone and the guitar makes it original, sparkling, has that something special that makes this group a reality of national absolute level, keeping up with what’s happening elsewhere, despite each of the five contributing with their own compositions to the whole. yet works, one might say, with a nice mix of modern and sounds ranging towards the main road .

The solos are followed regularly and conviction , all good, part of an organism that breathes in unison. There is also a short piece for solo double bass of Rosa Brunello, Uyusukluk, dreamy ballad of the Three Views of a Dream but also the crackling Anni Luce or Fussmatten, perhaps one of the best moments of the album. The five are inspired by the music of modern authors , Dave Holland and Dave Douglas , for example , Greg Osby or Tim Berne, but have been able to make progress and acquired personality so you can put them among the most interesting Italian groups.

 

Omit Five – "Speak Random" reviewed by Francois Couture – Monsieur Délire (03/2014):

FR
Groupe de jazz italien, un quintette sax alto-trombone-guitare-contrebasse-batterie. Tous les membres contribuent au répertoire du groupe, ce qui, selon mon expérience, donne toujours de meilleurs résultats. Speak Random est un disque généreux qui transite bien entre des racines be-bop solidement ancrées et des explorations plus atonales, voire non idiomatiques. Quelques longueurs, quelques moments forts (dont “Pina Bausch”), une belle aisance et de la joie de vivre.

ENG
An Italian jazz band, quintet line-up: alto sax, trombone, guitar, doublebass, drum kit. All membres contribute to the band’s repertoire, which, in my experience, always gives better results. Speak Random is a generous offering that moves skillfully between its firmly anchored be-bop roots and more atonal, even non-idiomatic journeys. Some overlong passages, some highlights (including “Pina Bausch”), fine ease of play and noticeable joie de vivre.

 

Omit Five – "Speak Random" reviewed by Giuseppe Mavilla – Scrivere di Jazz (07/2014): 

Dopo il promettente esordio dello scorso anno con l’omonimo album, qui recensito, il quintetto degli Omit Five ritorna con questo cd in cui: Mattia Dalla Pozza (sax alto); Filippo Vignato (trombone); Joseph Circelli (chitarra); Rosa Brunello (contrabbasso); Simone Sferruzza (batteria) ribadiscono quelle che sono le linee guida del loro layout musicale, ovvero, un gradevole cool jazz misto a frequenti risvolti post-bop a volte viranti  verso orizzonti  mainstream. Eppure fra le tredici tracce di questo gradevole cd si rivelano desideri, non tanto nascosti, di avventure fuori dai canoni predominanti di questo lavoro.

Sono episodi di breve durata, frammenti di idee a cui dare subito forma e consistenza che si sviluppano prevalentemente in duo o in solitudine. Segno che qualcosa di non convenzionale cova negli animi di questi cinque giovani musicisti che, in occasione della seconda loro opportunità discografica, si mostrano  sicuramente maturati e assurti a ruolo di musicisti navigati. Le loro composizioni appaiono ben strutturate e denunciano un’ideazione di base che tiene conto degli elementi primari necessari nella stesura di un brano di jazz che tale si possa definire.

E' il caso di “Vain” traccia di apertura delle selezioni di questo cd e di brani come “Pomeriggi Ameni” e della fluida “I Wanna Feel Nasty”. Poi arriva un’intrigante ballata “Three Views of a dream” e l’osante “Anni Luce” che mostra commistioni interessanti e bagliori rockeggianti, attraverso un’evoluzione non preconfigurabile. 

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Off Lines – "Rasoterra" reviewed by Niccolò Lucarelli – Jazz Italia (09/2015):

Un album d'esordio che conferma il buono stato di salute creativa della scena jazz italiana, in particolare quella bolognese. Da gaudente e dotta, la città delle due torri si è inventata una terza anima musicale, la cui espressione non è data soltanto dall'annuale jazz festival, ma anche dalle numerose formazioni sorte in città negli ultimi anni. Gli Off Lines propongono il loro jazz urbano, frizzante, pieno di soluzioni creative che ricordano la vena sperimentale di Antonello Salis, con soluzioni armoniche sorprendenti e audaci, funzionali a raccontare in chiave musicale l'oscurità delle città contemporanee, e la conseguente voglia di altrove. Elemento di spicco dell'album, senza però peccare di eccesso di protagonismo a scapito degli altri strumenti, il trombone di Pierantoni, suonato con la concentrazione di chi ha un'urgenza artistica da condividere con gli altri.

La compattezza del quartetto non viene mai meno, e gli undici brani, tutti originali, con le loro atmosfere oscure, xx, sono anche lo specchio di una certa amarezza che serpeggia fra le giovani generazioni. Percorrendo a ritroso la storia del jazz, e andando oltre la lezione del bebop, il quartetto Off Lines ritorna alle radici di questo genere musicale, quando era la voce della dura quotidianità degli schiavi neri, tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento.

Lontani dai virtuosismi dello swing, del bebop e della scuola cool, Pierantoni e soci ci parlano dello smarrimento dei loro coetanei concettualizzandolo in lunghe frasi sul registro grave di trombone e chitarra, affiancati da una chitarra crepuscolare e una batteria che si affida in larga parte alle percussioni. Il risultato è un jazz che esprime un carattere fortemente originale, spigoloso, senza nessuna concessione alla vivacità dello swing. In mezzo all'inventiva dei tre brani che danno il titolo all'album, di Sacchedine, e Osmosi, Milano? è forse uno dei brani dell'album che più si avvicinano alle sonorità classiche del jazz, con il trombone di Pierantoni che sconfina nel bebop, e un contrabbasso dal sapore oscillante come un pendolo.

La chitarra di Circelli, suonata come una slide, regala melodie sulla scorta del blues. Ne scaturisce una bella, nostalgica ricostruzione della città meneghina, fatta di angoli d'osteria lungo i navigli, la rabbia intellettuale della Ghisolfa di Testori, o dei caffè di Gaber. Nostalgie amalgamate con quell'intimità che rende il brano una passeggiata nella soffice nebbia milanese.
E ancora, Blackout, con quel titolo a suggerire la necessità di "staccare la spina", allontanarsi dal caos quotidiano e rifugiarsi, se non proprio soltanto in sé stessi, almeno nella ristretta compagnia di una serata al jazz club. Atmosfere tribali in Abeokuta, introdotta da un ruvido contrabbasso, e dalle percussioni il cui vibrare ricorda i preistorici getti di lava del Ruwenzori. L'inserirsi del trombone, suonato con la "pigrizia" abituale in tutto l'album, viene esaltata dal dialogo con la chitarra.

Immergendosi a fondo nelle tracce di Rasoterra, si entra in un jazz non banale, che all'inventiva artistica affianca una certa robustezza intellettuale, si pone domande e ne pone all'ascoltatore.
 

Off Lines – "Rasoterra" reviewed by Vincenzo Fugaldi – Musica Jazz (2014):

"Rasoterra", il brano che da il titolo all'album, è un'improvvisazione collettiva divisa in tre parti, mentre gli altri sono composizioni del chitarrista e del batterista, con l'unica eccezione di "Sub-conscious-Lee". L'esordiente quartetto sorprende per coesione e creatività, nonostante la giovane età dei membri:una proposta musicale valida e rigorosa, dove tutti trovano spazio per esprimersi con assoli e accompagnamenti misurati e calibrati, aderenti alle composizioni, privi di sbavature e barocchismi, con piena adesione alle coordinate del jazz contemporaneo.

Il trombonista si distingue per tecnica e intensità ma altrettanto bene va detto degli altri musicisti. L'intricato unisono chitarra-trombone di "Sacchedine" e quello parimenti complesso del citato brano di Konitz ma anche molti altri momenti fanno di questo cd un'ottima testimonianza della vivacità della giovane scena jazzistica italiana, un patrimonio di risorse artistiche da valorizzare ad ogni modo.

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Off Lines – "Rasoterra" reviewed by Alberto Bazzurro – All about jazz (10/2014):

L'opera prima del quartetto Off Lines, sorto a Bologna nel 2012 (l'incisione è del novembre di quell'anno). I quattro emiliani sono baldanzosi giovanotti che alternano momenti di più pura improvvisazione (i tre episodi intitolati come il CD, non a caso a firma collettiva) con altri in cui si avverte una chiara regia del singolo (le penne sono quelle del chitarrista Joseph Circelli, cinque brani, e del batterista Simone Sferruzza, due), con la sorpresa, come sottofinale, di un "Subconscious-Lee" in verità non poco trasfigurato. Quali appaiono le coordinate del gruppo? La voce-guida è ovviamente il trombone dell'ottimo Federico Pierantoni, piena e rotonda come nelle migliori famiglie (trombonistiche).

Tutt'intorno si muove un corpus omogeneo, solido ma non muscolare, a tratti quasi post-boppistico (per esempio in "Sacchedine"), altrove più incline a soluzioni di chiara marca contemporanea. 

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"Omit Five" reviewed by Angelo Leonardi – Musica Jazz (04/2013):

Un esordio tanto pregevole non può che sorgere da un intenso lavoro collettivo capace di esaltare il valore dei singoli in un progetto coerente e ben strutturato. Il quintetto è nato nel 2010 come emanazione del laboratorio di improvvisazione del Conservatorio di Rovigo ed ha ottenuto già significativi riconoscimenti: primo premio al Concorso Nazionale delle Arti e al Barga Jazz, e secondo posto al Concorso Nazionale Porche. L’età media dei componenti è 25 anni e la provenienza geografica è equamente distribuita tra nord e sud Italia. Quasi tutte le composizioni sono originali ed hanno arrangiamenti ricchi di mordente con parti scritte e assoli che si fondono con coerenza, senza forzature.

I modelli di riferimento privilegiano un modern main stream avanzato e aperto alla sensibilità contemporanea, partendo dalla lezione di maestri come Wayne Shorter e Dave Holland fino a collocarsi sulla prospettiva di Steve Lehman, Ben Allison e Dave Douglas. Le ottime doti personali si coniugano con l’articolato lavoro collettivo, che svela personalità nelle soluzioni timbriche e nell’articolazione ritmica.

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"Omit Five" reviewed by Jazz it  Jazzit LIKES IT!

Anagraficamente giovani (sia la formazione sia i suoi componenti), la loro proposta inalvea pensieri modali (Nodo Gordiano), nervature rock (ZTL), poliritmie e un’articolazione tematica complessa (Roulotte in fila indiana) in un lessico che orbita attorno a un’estetica post-bop rivisitata. 

Gusto per l’imprevisto e consapevolezza della tradizione si condensano nella scrittura di brano originali ma anche nelle riletture Shiny Things di Tom Waits e Oclupaca, lunga cavalcata afrocentrica a firma di Ellington. Monday Nights emana un fascino pinkfloydiano munifico di contrasti timbrici e con un ricercato intervento di Circelli; la collante melodia tratteggiata in Bambini Sperduti fluttua immersa nella psichedelica liquida e chiude un lavoro intrigante.

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"Omit Five" reviewed by Nicola Barin – Jazz Italia (03/2014):

Spesso la produzione italiana jazzistica è molto buona ma non sa osare fermandosi ad abbozzi senza un prospettiva globale. Questo sicuramente non è il caso degli Omit Five, i cinque giovani provenienti dal conservatorio "Francesco Venezze" di Rovigo.

L'intento del progetto è notevole, a volte forse acerbo, con una voglia di stupire che sa dosare con calma tutti gli elementi e creare temi convincenti prediligendo l'aspetto armonico. I riferimenti più ovvi del lavoro sono Dave Douglas e sicuramente il Wayne Shorter degli anni Sessanta. Cinque caratteri con la voglia di sperimentare senza l'ausilio del piano, ciò sicuramente acidifica i suoni soprattutto nello scambio perpetuo tra chitarra e sax alto.

Rosa Brunello ha una cavata morbida e predilige la melodia (assolo in "Camarones a la plancha"). Il suono è fresco, pulito ed esile ma sa diventare più composito e vivo altrove. Otto brani originali su dieci condensano le impressioni e le sperimentazioni del gruppo in cui il sax alto di Dalla Pozza dialoga all'unisono con la chitarra di Circelli trascinando i compagni nel gioco. C'è la volontà di lavorare per il collettivo, distillando una musica d'insieme che, pur con alcune ingenuità compositive, delinea con forza una direzione matura che guarda in alto.

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"Omit Five" reviewed by Fabio Ciminiera – Jazz Convention (08/2014):

Se, oggi come oggi, è davvero difficile affermare qualcosa di completamente nuovo, si può comunque provare a farlo con personalità, mescolando le carte in tavola e facendo risuonare in maniera differente qualcosa di già sentito. E i mezzi sono numerosi: si possono mettere a confronto materiali diversi o proporre angolazioni inattese. Anche molte di queste strade sono state già tentate, chiaramente, ma c'è spazio quantomeno per provare una soluzione.

Omit Five è un quintetto dal disegno particolare ma non troppo: la frontline si compone di sax alto e trompbone ed è sorretta armonicamente dalla chitarra e da una ritmica solida. Nel repertorio troviamo due riprese diverse per provenienza - Shiny Things di Tom Waits e Oclupaca di Duke Ellington - e otto brani originali firmati da Circelli, Vignato, Sferruzza e Brunello, in ordine di apparizione.

Nell'approccio ai temi e alle improvvisazioni, nelle composizioni e nelle scelte sonore si avverte come la "distanza" tra i due autori scelti venga colmata dalla mescolanza continua di elementi disparati: si sentono continuamente echi e rimandi a una vastissima quantità di momenti della storia musicale del novecento, dal jazz delle origini al modern mainstream, dal bop e dal post bop alle rock d'autore. Il risultato del lavoro del quintetto diventa perciò la lettura in trasparenza delle molte ispirazioni e delle influenze che ciascuna ha sull'altra.

E, se come si diceva, tutto questo può anche non essere rivoluzionario, quanto meno Omit Five stabilisce subito il punto, lo si voglia chiamare personalità del quintetto o stile espressivo, poco cambia. In poche note si entra in sintonia con le evoluzioni del quintetto e se ne segue poi la linea singolare, spigolosa quanto basta, sinuosa dove serve, sempre vivace. La scelta delle sonorità e i loro incroci, la voglia di arrangiare il quintetto in maniera anche orchestrale, con i fiati e le voci a creare supporto per gli assolo della ritmica danno ulteriore spazio agli abbondanti settantuno minuti del disco.

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"Omit Five" reviewed by Giuseppe Mavilla – Scrivere di Jazz (04/2013):

Esce pochi mesi fa, per l’etichetta Caligola Records questo cd del gruppo Omit Five, cinque giovani musicisti che legano idealmente, dato le loro provenienze, Veneto Campania e Sicilia. Un cd frutto di un progetto che prende vita nel 2010, come appendice indipendente del laboratorio di improvvisazione del biennio jazz del conservatorio F. Venezze di Rovigo.

I protagonisti: Mattia Dalla Pozza, sassofonista; Filippo Vignato al trombone; Joseph Circelli, chitarra; Rosa Brunello, contrabbassista e Simone Sferruzza, batteria. Registrato all’Urban Recording di Trieste nel settembre 2011 questo cd, che porta lo stesso nome del gruppo, è una pregevole realizzazione che rivela la dimestichezza con il mondo del jazz che musicalmente questi cinque musicisti hanno ormai acquisito.

A ciò si aggiunge la loro capacità di aver saputo coniare un linguaggio espressivo che unisce una sorta di post bop o post cool con sonorità tipiche di jazz moderno, dove sono facilmente riscontrabili forme o strutture musicali che non nascondono, più di tanto, anche umori provenienti da ambiti pop o rock.

Il tutto è confezionato con abile maestria e la qualità delle dieci composizioni contenute nel cd cresce ascolto dopo ascolto rivelando la bontà della scrittura, ben otto brani sono originali, una ben ragionata spalmatura delle parti improvvisative nonché una invidiabile sensibilità interpretativa che fuoriesce ad iosa nelle riprosizioni delle due tracce non originali: “Shyne Things” firmata dal binomio Tom Waits / Kathleen Brennan e “Oclupaca” del grande maestro Duke Ellington.

Il quintetto si muove con maestria in ogni ambito della selezione musicale con i due fiati di Vignato e Dalla Pozza in grande evidenza e con la sei corde di Circelli che si rivela espressione di un layout certamente particolare ai quali si affianca una sezione ritmica incandescente che apporta vigore e impulso ritmico fondamentale in ogni momento della performance esecutiva.

Nel suo insieme anche questa è un’altra bella testimonianza del grande amore per il jazz che le giovani generazioni di musicisti italiani amabilmente nutrono.
 

"Omit Five" reviewed by Claudio Donà (2012):

Delle dieci tracce proposte, se si escludono il suggestivo Oclupaca, fra i brani meno noti dell’ultima produzione ellingtoniana, e Shiny things, di Tom Waits, due sono firmati dalla Brunello, due da Vignato, uno da Sferruzza e tre da Circelli, a testimoniare che la musica degli Omit Five è frutto di un lavoro realmente collettivo e paritetico, dove anche le variegate soluzioni timbriche e ritmico–armoniche, frutto del gusto e della sensibilità dei diversi autori, sono comunque riconducibili ad una sonorità ben definita. Basterebbe già questo per esser soddisfatti dei risultati conseguiti in così breve tempo da cinque jazzisti di cui, ne siamo certi, sentiremo presto molto parlare.
 

"Omit Five" reviewed by Elena Giorgi

Il quintetto si approccia al jazz sfiorando e sfumando sonorità alla Dave Douglas: contemporanee, innovative, fantasiose ma pur sempre confinanti con il jazz più tradizionale.

Delle dieci tracce, escludendo le due ottime rivisitazioni di Oclupaca di Ellington e Shiny things di Tom Waits, due sono firmate dalla Brunello, due da Vignato, uno da Sferruzza e tre da Circelli. Lasciano indubbiamente il segno Camarones a la plancha della bravissima Brunello, Catarifrangenti di Circelli e The last night in San Giuliano di Vignato.

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"Omit Five" – Concert review @ 28 Divino, Roma by Maurizio Alvino – Jazz a Roma (03/2014):

Lo diceva mia nonna, lo dice mia madre, lo dico anche io: ma dove andremo a finire con tutti questi ragazzi che invece di andare al pub a ubriacarsi, invece di stordirsi di tunz-tunz-tunz in discoteca, invece di passare le ore a chattare sui social network, si mettono a studiar la musica, addirittura una musica così complicata come il Jazz, e poi non paghi si fanno crescere una barba alla Bill Evans dei tempi migliori e vanno in tour per l’Europa a presentare i loro dischi! Sì, perché questi ragazzacci hanno anche l’ardire di fare dei dischi! Sono queste le considerazioni che ho nella testa mentre ascolto gli Omit Five, un gruppo di giovanissimi veneti con Ornette Coleman nella testa ed il rock dei Nirvana nel DNA.

Penso a tutti gli altri ragazzi, quelli che non si sognerebbero nemmeno di varcare la porta di un club come il 28DiVino Jazz, non immaginando che dietro quella porta ci sono dei loro coetanei i quali, invece di perder tempo (e la perdita di tempo non solo non porta frutti, ma ti lascia un senso di vuoto esistenziale difficile se non impossibile da colmare), danno vita ad uno, due, dieci progetti di musica di contaminazione ma non solo, una musica che è comunque capace di dare la “botta” e di portarti via. Non è un genere facile quello che propongono, questo va detto. Ma va anche detto che, se si segue un percorso musicale, la musica degli Omit Five è uno dei naturali possibili punti di sbocco.

Tutto sta a seguirlo, un percorso, ma purtroppo quello che spesso si registra è una diffusa scarsità di interesse verso l’approfondimento musicale da parte del pubblico, il quale si lascia guidare dalle tendenze imposte per lo più dai media. Ma questo è un discorso lungo, che merita un articolo a parte.

Tornando al concerto di ieri sera, il quintetto è formato da Mattia Dalla Pozza (sax alto), Filippo Vignato (trombone),  Joseph Circelli (chitarra), Rosa Brunello (contrabbasso), Simone Sferruzza (batteria). Si inizia con Homogeneus Emotions, di Ornette Coleman, a dare subito l’imprinting alla serata: quello che notiamo è una grande sicurezza, una empatia assoluta sia con il mondo free jazz ma anche con la scrittura e gli arrangiamenti, una capacità di incarnare la musica nelle sue mille sfaccettature. Si arriva ad un interludio di chitarra, che prepara l’arrivo del primo brano originale della serata, a firma di Circelli. Inizia così un percorso in equilibrio tra rock, jazz, e free. Se dovessi dare un etichetta ad ognuno dei musicisti direi che Dalla Pozza, Brunello e Sferruzza sono l’anima più jazz della formazione, Circelli quella rock, Vignato quella free. Ovviamente ogni gradiente che sfumi tra l’una e l’altra anima è possibile, anzi probabile. 

Tutti i membri del gruppo concorrono con la loro scrittura al repertorio. Colpiscono molto le dinamiche, curate e ben riuscite, in particolare nella ballad Three Views Of A  Dream, di Rosa Brunello. Ritmicamente interessanti brani come Pina Bausch, dedicato alla coreografa e ballerina tedesca, nel quale il battito delle mani crea un ritmo danzabile, e l’omaggio a Kurt Cobain, che inizia con un poliritmo creato dal soffio cadenzato nel trombone e da quello di Dalla Pozza in una bottiglia di birra vuota.

Infine, scavezzacollo il bis lanciato a velocità folle e ben sorretto dalla tecnica consolidata dei cinque. Mi dicono che suonano più spesso all’estero che in Italia, questi ragazzi. Spero davvero che la tendenza si inverta, e la cultura torni ad essere centrale nel nostro Paese. Nel frattempo, non possiamo non fare il tifo per gli Omit Five ed augurare loro tanta fortuna come meritano.

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Gli Omit Five vincono il Barga Jazz Contest 2011 - Articolo e Video, Barga news (08/2011):

Lo si era visto subito, fin dalla preselezioni al Barga Jazz Club questo inverno che quei ragazzi del nord Italia di strada ne avrebbero fatta. E così è stato.

Sono stati gli Omit Five i vincitori dell’edizione 2011 del Barga Jazz Contest, il concorso dedicato ai gruppi emergenti dai 3 ai 7 elementi. Negli oltre vent’anni del concorso Barga ha visto passare centinaia di giovani alla ricerca di una vetrina per farsi notare nel campo del jazz e non di rado nel curriculum dei più importanti jazzisti italiani troviamo una partecipazione a Barga.

The Omit Five  (Mattia Dalla Pozza – sax; Filippo Vignato – trombone; Joseph Circelli – chitarra; Rosa Brunello – contrabbasso e Simone Sferruzza alla batteria) hanno sicuramente avuto la loro occasione con il Barga Jazz Contest 2011 e l’hanno sfruttata alla grande, meritando la vittoria.

Tutti giovani, i componenti di questa band, che si sono messi in discussione con artisti ben più navigati e che al pari di loro avrebbero potuto vincere, ma che alla fine hanno messo quel qualcosa in più. Tanta genialità, un bel modo di suonare insieme, ed una bella musica che, vista anche l’età anagrafica, fa sicuramente sperare in una carriera importante per questa formazione. Bravi, bravissimi.

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